lunedì 14 aprile 2014

Musica maestro!


Entrambi i miei genitori amavano la musica. Mio padre aveva addirittura intrapreso lo studio del violoncello. Pare che con un paio di amici, l'uno pianista, l'altro violinista, animasse le serate mondane con dei brevi concerti da camera.
Quando il numero dei suicidi aumentò in misura esponenziale, pensò che forse era arrivato il momento di appendere l'archetto al chiodo. Si narra anche che la vera causa del suo abbandono dipendesse dai pianti disperati di mia sorella Annamaria che mal sopportava i suoi esercizi di solfeggio, altrimenti noti come "Purghe di Maria Teresa".
Come siano andate veramente le cose non so dire, fortunatamente all'epoca io non ero ancora nata....
Mia madre invece adorava la lirica. Quando la tv non aveva ancora invaso le nostre case, la sera dopo cena ci si ritrovava intorno alla radio, per ascoltare commedie, radiodrammi,operette e soprattutto i classici del melodramma. Rannicchiata tra le braccia di mia madre, ascoltavo la musica e le chiedevo di raccontarmi le trame di vicende che mi apparivano alquanto bizzarre; poi piano piano scivolavo nel sonno appoggiata al suo seno, la cosa in assoluto più morbida che abbia mai conosciuto in vita mia.....
Col tempo con  mia sorella Annamaria, che ha continuato a coltivare nel tempo l'amore per il melodramma, avevamo preso la consuetudine di riproporre  i brani più famosi in teatrini improvvisati, avventurandoci in duetti o monologhi con spudorata audacia. L'elemento di scena fondamentale era un vecchio credenzino di legno dipinto d'azzurro, con sopra una bilancia a due piatti e relativa rastrelliera per i pesi.
Un colpo sapiente da mezzochilo sferrato in rapida successione prima sul retro del credenzino e poi sui piatti della bilancia nell'istante in cui l'eroe o l'eroina esalava l'ultimo respiro mandava in estasi il nostro pubblico.
Nella prima metà degli anni 50, quando ormai stavo per lasciarmi alle spalle l'infanzia, il mio riferimento musicale divenne mia sorella Nicoletta.
Ogni settimana acquistava il Radiocorriere e scorrendo velocemente l'elenco dei programmi, evidenziava con un personalissimo "baffo", quelli che assolutamente non si potevano perdere.
Oltre che  alla radio però , sempre più frequentemente si ascoltava musica con i dischi a 78 giri.
La musica di Glenn Miller era ormai nota in tutta Europa.
Chi non ricorda In the Mood o Chattanooga Choo Choo?
Musica e danza insieme esprimevano in quel momento tutto il desiderio di ricominciare, lasciando alle spalle le sofferenze di una guerra tremenda.





Nelle sale cinematografiche venivano proiettati i film di Gene Kelly.
Io ricordo in particolare "Un americano a Parigi" e "Cantando sotto la pioggia"

 poi le voci : da Bing Crosby   e il suo famosissimo "White Christmas"

a Frank Sinatra non a caso definito The Voice.







 E poi ancora Dean Martin, Perry Como e tanti altri ancora.





L'avvento dei leggeri microsolco, in particolare di quelli a 45 giri, così come la progressiva invadenza della TV, contribuirono alla diffusione sempre più capillare della musica.
Dagli Stati Uniti arrivava un nuovo modo di interpretare le canzoni ; non più le classiche strofe alternate al ritornello, ma dentro la canzone stessa si provavano nuovi ritmi e tonalità esasperate.
Ricordo in particolare un cantante di nome Johnny Ray divenuto famoso per la sua canzone "Cry": iniziava con un ritmo lento e melodioso per raccontare il pianto di un ragazzo che riceve una lettera d'addio dalla sua innamorata, ma quando la strofa riprendeva da capo, la voce dell'interprete diventava aggressiva, il ritmo spezzato e URLATO.Sembrava quasi che volesse prendere a morsi qualcuno.. ma quanto mi piaceva!

Come tutte le ragazzine della mia età tenevo un quaderno su cui annotavo i titoli delle canzoni e appiccicavo i  ritagli di giornale con le foto degli interpreti.




I giovani cantanti americani conquistavano vagonate di fan e vendevano milioni di dischi.
Paul Anka acquistò fama anche in Italia con "Diana" una canzoncina proprio da poco, ma cosi orecchiabile che tutti la cantavano storpiando le parole di un inglese assolutamente incomprensibile.
Nascevano le hit parade, con guerre all'ultimo sangue per la conquista dei primi posti.





Uno dei miei idoli era Pat Boone. Aveva una voce calda, suadente e per la maggior parte le sue canzoni erano dolci e romantiche. Cosa poteva chiedere di più una ragazzina quattordicenne per sognare ??? A volte quando le canzoni diventavano particolarmente famose, ci costruivano intorno un film musicale, naturalmente al super caramello.....

Anche la canzone italiana stava rapidamente cambiando e nuovi volti e nuovi personaggi conquistavano popolarità, alcuni solo per un'estate, altri per una vita.














Peppino di Capri,Mina, Pino Donaggio, Giorgio Gaber,Elvis Presley, i Platters.
I loro dischi non potevano mancare quando ci si ritrovava con i coetanei la domenica pomeriggio. E non era poi così frequente...
Allora non c'erano locali pubblici dove i giovani potessero incontrarsi per ballare ed ascoltare musica. L'unica opportunità era quella di ritrovarsi a casa di questo o di quella, ma ci voleva "un buon motivo" come ad esempio un compleanno, e ci volevano anche genitori disposti a rinchiudersi in cucina o a rendersi invisibili per l'intero pomeriggio, a fronte di promesse solenni di improbabili successi scolastici. Si faceva spazio in soggiorno, si toglievano i tavoli e si mettevano le sedie tutte attorno, si abbassava un po' la luce e la festa incominciava.Da mangiare una torta fatta da qualche mamma di buona volontà, da bere aranciata e coca cola. Tutto lì. Dalle 15 alle 19,30 massimo. Quello c'era e bastava quello per farci felici.


Nel 1964 mi trovavo a Londra per motivi di studio, come dimostrano queste foto:





Devo ammettere che forse non appaiono abbastanza convincenti, ma vi assicuro che lo studio era lo scopo principale di quel soggiorno.
L'epoca della festicciole domenicali, delle prime cotte, del ballo del mattone erano ormai alle spalle. Finita la scuola ci eravamo tutti dispersi, chi alla ricerca del primo lavoro, chi all'università, chi a compiere il servizio militare.
Io avevo scelto di iscrivermi a Milano alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, perchè desideravo tanto imparare l'inglese. Per tanti anni, attraverso l'ascolto dei dischi dei cantanti americani, mi ero costruita un gruzzoletto di vocaboli che però, così slegati, non mi avrebbero mai portato a niente.
Il corso di laurea era duro e per superare gli esami non bastavano ore e ore di esercitazioni in aula. Quel che ci voleva era una full immersion.
Per una ragazza di provincia come me quel viaggio era ovviamente carico di aspettative, ma non potevo allora immaginare che mi avrebbe condotto in un luogo che proprio negli anni '60 tornava ad essere l'ombelico del mondo.

Li riconoscete? Certo che sì. Sono i mitici Beatles!!
Verso la fine del 1963 erano apparsi in Italia i primi 45 giri che non avevano catturato la mia attenzione, mentre in Inghilterra proprio quell'anno esplodeva la popolarità di questo gruppo rock, nato in uno scantinato di Liverpool solo qualche anno prima.
Nel '63 la band aveva ormai raggiunto il suo assetto definitivo: John Lennon, Paul Mac Cartney, George Harrison e Ringo Starr.


Nel '64 era uscito il disco A Hard Day's Night , seguito dal film omonimo.

A Londra c'erano locandine ovunque: ad ogni fermata d'autobus, nella metropolitana, sul retro dei double-deckers.
Ricordo che una domenica pomeriggio con la mia amica Fausta avevamo deciso di assistere alla proiezione del film; arrivate nelle vicinanze del cinematografo osservammo sbigottite la coda ordinata di spettatori che si stava formando davanti alla biglietteria, un serpentone che si avviluppava intorno agli edifici per isolati interi!!
Bastava un attimo per immaginare quale sarebbe stato lo scenario in Italia in una stuazione analoga......

Il film , che aveva come colonna sonora il disco omonimo, in realtà era un documentario che raccontava 36 ore della vita frenetica dei 4 musicisti ed era un vero e proprio tributo a quello che era ormai un fenomeno di massa, la beatlesmania.
Nonostante i miei vent'anni sentivo di avere ben poco in comune con quelle ragazzine isteriche vittime di una forma di delirio collettivo.
A posteriori si può dire senza dubbio che i Beatles abbiano veramente segnato un'epoca inconfondibile nella musica, nel costume, nella moda e ancora oggi gli esperti di comunicazione si interrogano su come e perchè tutto ciò possa essere accaduto. Da parte mia ho seguito il loro percorso artistico fino alla fine degli anni '60, ma nel loro repertorio ho amato di più le canzoni melodiche di Paul Mac Cartney, come Yesterday, Michelle, ecc.



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