lunedì 14 aprile 2014

Amici









Quando Franco, mio marito, era ragazzo aveva un cane che si chiamava Pippo, un meticcio di taglia media con il mantello marrone chiaro tendente al rosso. All'epoca - erano gli anni '50 - la famiglia era andata a vivere nella casa di vacanze dei nonni in una ridente località (così si diceva allora) della Val Seriana, lasciandosi alla spalle una periferia milanese che mostrava ancora troppe ferite per la guerra da poco conclusa.
Pippo era una cane di buon carattere, sempre pronto a correre nei prati che circondavano il paese , a infilarsi nel bosco in cerca di castagne, a scavare grosse buche nel piccolo giardino di casa o a spaventare le povere galline rinchiuse nel pollaio. Era un cane felice perchè sapeva di essere amato. Tutti in paese lo conoscevano e quando era tempo di scuola non si stupivano di trovarlo ad aspettare Franco al suono della campanella. Insomma, i due erano amici per la pelle.
Qualche anno dopo la famiglia si trasferì in città, a Bergamo, per consentire ai ragazzi di frequentare la scuola superiore e Pippo diventò un bravo cane d'appartamento, educato e tranquillo. Certo gli anni passavano e i suoi orizzonti si limitavano ora ai giardinetti del quartiere. Ormai trascorreva la maggior parte del tempo rannicchiato sul suo cuscino sonnecchiando, ma quando Franco passava a salutare i genitori - ci eravamo sposati nel frattempo - Pippo si alzava con grande fatica e andava a prendersi tutte le coccole che voleva.
Un giorno di febbraio, ricordo che faceva molto freddo e nevicava, arrivò il suo ultimo giorno. Nonostante fosse a letto con una brutta influenza, Franco si alzò e andò a prendere il suo amico per portarlo a riposare in quel piccolo giardino di mezza montagna, sotto il pino che negli anni aveva invaso con la sua ombra tutto lo spazio disponibile.
Molti sostengono che non vogliono avere un cane perchè è troppo doloroso il momento del distacco. Questo è vero ma occorre tener conto di quanto si può ricevere per anni da un amico fedele la cui unica richiesta, salvo rare eccezioni, è quella di amare e di essere amato.
Per questo Franco decise che, non appena possibile, ci sarebbe stato un altro Pippo.




Qualche anno più tardi, quando si incominciò a parlare di una casa tutta nostra con un po' di giardino intorno, Franco tirò fuori dal cassetto il suo vecchio proposito e incominciò a guardarsi intorno per realizzarlo. Un conoscente cinofilo gli parlò di un allevamento dove era possibile trovare dei magnifici cuccioli di una razza nota come pastore maremmano - abruzzese, e fu lì che Franco si recò per "prenotare" Pippo II.


Purtroppo ci fu un malinteso sui tempi di consegna del cucciolo : lo aspettavamo per l'estate quando la casa sarebbe stata quasi pronta ad accoglierlo e invece arrivò a marzo . Pippo II era soffice e bianco come una palla di neve, un amore di cucciolo, ma in quanto tale bisognoso di molte cure.
All'epoca Franco era spesso assente da casa per motivi di lavoro, io avevo due bambini piccoli a cui badare e nel condominio dove ancora vivevamo non era gradita la presenza di cani. Che fare ?
Fortunatamente c'era ancora la vecchia casa dei nonni in Val Seriana dove viveva tutta sola la zia Nuccia che non vedeva l'ora di avere un po' di compagnia e allora il nuovo arrivato fu trasferito, temporaneamente, là dove era cresciuto il suo predecessore.
Naturalmente andavamo spesso a trovarlo e Fabio imparava a conoscerlo e a giocare con lui.




e come Pippo I anche Pippo II imparò a scavar buche...
Il cucciolo cresceva a vista d'occhio e quando arrivò l'estate dava già prova di quello che sarebbe diventato da adulto.


Maxi era così piccolo che non sembrava molto convinto delle effusioni di Pippo II.


Tutto procedeva come da programma quando sfortunatamente si presentò un nuovo problema. Nel mese di agosto la casa dei nonni, la cui proprietà non era mai stata formalmente suddivisa fra gli eredi, si riempì di cugini, nipoti, amici dei cugini, dei nipoti , dei pronipoti, tutti ospiti in fuga dalla città e desiderosi di respirare un po' di aria buona e il povero Pippo II, abituato alla tranquilla convivenza con la zia Nuccia, entrò in confusione : scappava per strada dal cancelletto del giardino che qualcuno dimenticava aperto, abbaiava spaventando i bambini più piccoli,strapazzava l'orto allestito da qualche agricoltore improvvisato, insomma , la sua presenza in quella casa non era più gradita e senza che nemmeno ne fossimo informati fu portato in una pensione per cani.
Quando all'inizio di settembre ci fu possibile entrare nella nostra nuova casa, quello che era stato una morbida palla di neve era diventato un bestione enorme, bellissimo da accarezzare; purtroppo però il suo temperamento aveva risentito di tutti i cambiamenti e le traversie che avevano caratterizzato i suoi primi mesi di vita. Si accucciava davanti alla porta di casa e non lasciava entrare nessuno, nemmeno gli amici e i parenti; non amava essere toccato e ringhiava se qualcuno si avvicinava. Io non osavo più portare i miei bambini in giardino e anche Franco, dopo aver cercato in ogni modo di rieducarlo, dovette accettare l'idea che Pippo II non poteva più restare con noi.Il veterinario disse che forse la sua aggressività dipendeva da una malattia incurabile e trovò il modo di accompagnarlo nel paradiso dei cani senza che soffrisse. Ai bambini non fu difficile raccontare una storia diversa ,ma in noi adulti rimase una sensazione di sconfitta difficile da smaltire.



Dopo esserci arrovellati con tanti se e tanti ma a proposito del triste epilogo della storia di Pippo II, arrivò il momento di cambiare pagina e tornare a pensare con prudente serenità al modo migliore per realizzare un desiderio che ora anche i nostri bambini condividevano. C'era lo spazio, c'era il tempo e soprattutto c'era la voglia di trovare un nuovo amico. La scelta questa volta cadde su un pastore tedesco di stirpe illustre come diceva il suo pedigree. Da bambina avevo avuto anch'io un cane di quella razza, si chiamava Zenda, e lo ricordavo per la dolcezza del suo carattere. 
  
Lo aspettavamo per settembre ma nel mese di agosto ci fu un evento imprevisto. Un vicino di casa, nel recarsi in paese per sbrigare delle commissioni, scorse un cucciolo che ne stava  impaurito sotto un'auto parcheggiata, probabilmente per cercare  riparo dal sole cocente. Aveva tutta l'aria di essere stato abbandonato e forse vagava da qualche giorno come si poteva dedurre dal suo pelo unto e appiccicoso. Il nostro vicino non ebbe il coraggio di lasciarlo e lo portò con sè pur sapendo che non avrebbe potuto occuparsene personalmente per molti motivi. Da parte nostra non fu possibile restare indifferenti di fronte a quella creatura e in pochi minuti ci rendemmo conto che ci sarebbe stato spazio anche per lui.
Non vi sembra 'na bellezza ? Non sapevamo niente di lui, dei suoi genitori, della sua origine, della sua breve storia, ma non aveva importanza, da quel giorno, e per più di quindici anni, sarebbe stato Otto, il nostro cane fedele.

A settembre arrivò naturalmente anche Bau, così avevamo scelto di chiamare il pastore tedesco. I due,tanto diversi nell'aspetto e nel carattere, diventarono  amici inseparabili.
Bau era un vero signore, si muoveva con contegno ed eleganza, se gli porgevi del cibo con la mano lo prendeva con delicatezza e non abbaiava mai. A quello pensava Otto, che si era autonominato capobranco. Eppure non ho mai visto nessuno dei due compiere un gesto fuori misura con i bambini, al contrario... guardate queste immagini...





Se dovessi inventarmi un titolo per queste effusioni tra cuccioli di specie diverse , direi "Felicità pura", per cani e bambini ovviamente.
Io magari ero un po' meno felice, ad essere sinceri. Il giardino non era ancora decollato e la presenza di due cani di grossa taglia che corrono avanti e indietro non aiutava certo a migliorarlo. Ma non si poteva tornare indietro, ormai Otto e Bau erano parte della nostra famiglia e della nostra vita.
Condividevano i giochi di Fabio e Maxi



       le attività sportive


e quando si rientrava da una vacanza non ci facevano mancare un caloroso bentornati.



Spesso Otto si comportava da ragazzaccio; avendo un'agilità particolare  riusciva a superare ogni cancello, ogni recinzione e la sua indole di cacciatore lo portava a mietere vittime nei pollai della zona o tra i gatti che incautamente entravano in giardino.
Bau invece si lasciava gestire più facilmente e non creava mai problemi. Purtroppo però, come spesso accade ai cani di razza, dopo una decina d'anni trascorsi in buona salute, improvvisamente fu portato via da una malattia tanto fulminante quanto misteriosa e Otto si ritrovò padrone incontrastato di tutto il territorio.
Passarono altre stagioni ma senza compagnia le giornate per lui erano meno divertenti.



Gli anni incominciavano a farsi sentire, la sua bella dentatura si era frantumata sulle maglie di cento reti metalliche, i baffi si erano fatti grigi e le zampe posteriori..., quelle erano un problema, non lo reggevano più.
Passava sempre più tempo sdraiato sotto il portico e chissà cosa passava nella sua mente : ricordi forse... nemmeno i suoi bambini che adesso erano grandi riuscivano a rallegrarlo.



E poi arrivò quell'estate del '92 e quella vacanza negli Stati Uniti che avrebbe cambiato le nostre vite. Eravamo partiti con una certa apprensione e con il timore di non trovarlo al ritorno. Invece lui c'era, ma qualcun altro mancava e lui non capiva. Per due settimane restò lì seduto ad aspettare con il muso puntato verso la strada, aspettando il suono di un motore, una voce nota, dei passi.


E poi capì che il tempo era finito e smise di aspettare, non poteva più sopportare tanta tristezza.


Questo era Otto, il nostro cane fedele.




Nel corso degli anni avevamo imparato a conoscere ed apprezzare la peculiarità e il valore del rapporto che nasce dalla convivenza tra l'essere umano e il suo amico a quattro zampe, tanto da considerarlo irrinunciabile. Non era più tempo di effusioni tra cuccioli , ma di un'intesa più nascosta e sottile, espressa nei modi e nei tempi propri di ciascuna personalità: Fabio, impulsivo, trovava le occasioni, Maxi , riflessivo,garantiva la disponibilità nei momenti critici ed io, la brontolona, mi lamentavo per le buche in giardino, per le aiuole calpestate, per i germogli rosicchiati,ma in fondo  andava bene così.
Il giorno dopo che Otto ci aveva lasciato, Fabio diede fondo ai suoi risparmi per comperare un giovane pastore tedesco a cui fu dato, con scarsa fantasia, il nome Doggy.
Doggy ricordava molto nell'aspetto e nel carattere il vecchio Bau. Giocherellone ma senza eccessi, passava serenamente le sue giornate in giardino e come tutti i cani amava le coccole e la compagnia delle persone che si prendevano cura di lui.
Era così tollerante che non si scompose quando Fabio portò a casa un bastardino, pardon, un meticcio che vagava sperduto nel quartiere, al contrario, lo prese sotto la sua tutela.
Jam,così l'avevamo chiamato, aveva un grande pregio agli occhi di Fabio : era un cane bianconero, portava addosso cioè i colori della sua squadra del cuore, la Juve.
Era diventato una specie di talismano e la domenica, prima di andare allo stadio, Fabio sfregava delicatamente il suo mantello bianconero e come per magia la squadra vinceva. La storia andò avanti per parecchie settimane fintanto che la Juve si trovò ad incontrare la squadra dell'Udinese che , come noto, ha anch'essa i colori banconeri. Forse quella domenica Jam non era in forma, forse andò in confusione, fatto sta che la vittoria andò alla squadra avversaria.....ma non per questo Fabio smise di volergli bene.


Purtroppo, ancora una volta, ci capitò di sperimentare la fragilità dei cani di razza. Secondo quanto ci disse il veterinario non è insolito che , a causa della loro configurazione fisica, ai cani di grossa taglia , durante la corsa, lo stomaco possa attorcigliarsi su se stesso con conseguenze letali. Così capitò al nostro Doggy che, nonostante un intervento chirurgico d'urgenza, non potè essere salvato.
Fino ad allora i cani che ci avevano tenuto compagnia nel corso degli anni avevano vissuto abitualmente in giardino, per disporre di maggior spazio e libertà, ma quando rimase solo Jam dimostrò di apprezzare molto di più l'ambiente di casa, che gli consentiva un rapporto ravvicinato con le persone che lì vivevano.
La convivenza quotidiana ci insegnò un nuovo modo di "avere un cane".


Jam conosceva le nostre abitudini,i nostri umori e si comportava di conseguenza. Capiva quando era il momento di giocare e quando era più opportuno farsi da parte. Intuiva quando qualcuno stava per partire, quando qualcuno di noi non stava bene o era preoccupato e non potendo esprimersi con le parole, cercava di farlo con i gesti e con lo sguardo.
Amava farsi accarezzare, condividere la colazione (adorava i biscotti che Maxi intingeva nel caffelatte) e guardare la tv in compagnia.
Nonostante stravedesse per i ragazzi, e loro per lui, amava anche stare con me, specialmente quando lo proteggevo dal frastuono dei fuochi d'artificio che facevano andare a mille il suo piccolo cuore.Va detto comunque che non era un angelo e di guai ne combinava spesso, ma se mi azzardavo a rimproverarlo sfoderava il suo sguardo più innocente e trovava sempre un avvocato pronto a difendere la sua causa.
Una sera sul tardi Fabio, rientrando da una serata trascorsa con gli amici, trovò vicino alla sua auto un'intera cucciolata di cani abbandonati. Al suo arrivo la maggior parte dei cuccioli si allontanò spaventata, ma due di loro rimasero in attesa vicino alla portiera con l'aria di chi pensa " questa occasione non me la lascio scappare!".
E così la famiglia si allargò; ora eravamo tre a tre...


 Jam non accettò di buon grado la presenza dei nuovi arrivati e mise subito le cose in chiaro : io dentro e voi fuori, io abbaio e voi zitti, in sintesi, qui comando io.E Bread e Butter lo lasciavano fare.... in fondo due pasti caldi al giorno, una cuccia confortevole e qualche coccola valgono più di un po' di amor proprio...
Jam ha vissuto con noi per quindici anni ed è stato molto penoso assisterlo negli ultimi giorni prima che se ne andasse nel 2009, ma ha lasciato un segno positivo nella nostra storia personale; se è stato bello averlo con noi, ora è bello ricordarlo e parlare di lui con il cuore leggero.
Bread e Butter stanno invecchiando dignitosamente, fratelli diversi nell'aspetto e nel carattere. Sappiamo che non resteranno ancora a lungo con noi, i baffi di Bread sono sempre più bianchi e gli occhi di Butter sempre più spenti.





Viviamo nel presente , prendendo quello che ci porta, e per il tempo che verrà ......



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