domenica 30 luglio 2017

Oltre il cancello 2016: Morimondo,un tuffo nella nebbia

Non so perché ma un nome come quello, se mai l'avessi sentito, mi avrebbe fatto pensare a  un parco divertimenti, o a  un personaggio dei cartoni giapponesi anni 70,o magari al marchio di un mobilificio piuttosto conosciuto dalle nostre parti. E avrei sbagliato, perchè Morimondo è il nome di una località della bassa pianura lombarda, a sud di Milano.
A segnalarmela è stata come sempre Dindi, che, con il  suo peregrinare per mercatini la domenica mattina, scopre posti poco conosciuti ai più, ma che spesso custodiscono piccoli o grandi tesori, come monumenti, tradizioni, mostre, prodotti tipici e buona cucina.
La stagione migliore per visitare queste zone di campagna è senza dubbio la primavera avanzata quando le giornate sono lunghe e le temperature gradevoli, ma anche l'autunno inoltrato può offrire paesaggi suggestivi.
Proprio in questi giorni, con l'inverno alle porte, è inoltre possibile verificare come il panorama possa mutare rapidamente nel raggio di pochi chilometri, soprattutto, - e sembra un'assurdità - quando il cielo è sereno. Per questo dopo essere partita da casa domenica mattina  sotto un cielo blu cobalto, l'incontro con Morimondo è stato un vero e proprio  tuffo nella nebbia, complice la bassa temperatura.
A Morimondo contavo di visitare l'abbazia fondata nel XII secolo da alcuni monaci provenienti dalla comunità cistercense di Morimond in Francia, sviluppatasi con alterne vicende nei secoli successivi. Dindi mi aveva inoltre segnalato la presenza di un grazioso mercatino di Natale.
Per un lungo tratto d'autostrada il sole aveva mostrato gli stupendi merletti che la brina aveva ricamato durante la notte sugli alberi e sui cespugli a bordo strada, ma poi si era progressivamente velato, lasciando che una spessa foschia si alzasse dai campi e dai corsi d'acqua.



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Morimondo sembra un paese addormentato: le strade sono deserte e silenziose; niente auto, niente voci o rumori ; una ragazza passa correndo con una cuffia di lana calata sulle orecchie e sparisce presto nella nebbia; una signora porta a spasso il cane che ha tutta l'aria di voler rientrare appena possibile. Dal parcheggio un paio di turisti si avviano verso il centro del paese in cerca del mercatino, immagino.
 
 

 
 
 
 
Su una piccola piazza circolare ecco le prime bancarelle: vendono frutta, marmellata, salame d'oca, conserve, ravioli al gorgonzola ma di acquirenti, per ora, nemmeno l'ombra. E il mercatino di Natale?
Eccolo, è giù in basso, sul grande prato vicino all'abbazia.


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Vendono decorazioni natalizie di legno, di paglia , di lana, di pizzo, piccoli oggetti realizzati a mano, fatti con passione, gusto e fantasia. Che peccato non avere un pubblico nutrito ad ammirarle...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La temperatura continua a scendere, forse è meglio cercare un po' di calore all'interno dell'abbazia.
 
 
 
 
 
 
 
Si sta celebrando la Messa. E' il momento dell'omelia, certamente inopportuno  per un giro turistico. Vicino all'ingresso c'è un plastico che riproduce in scala tutti gli elementi del complesso, costruito per lo più con mattoni d'argilla. Su un tavolino dépliants e cartoline mostrano non solo gli affreschi e i dipinti dell'abbazia, ma anche manifestazioni in costume che si tengono in primavera per rievocare le antiche battaglie combattute in questa zona di confine tra Pavia e Milano.
 
All'uscita compero a un banchetto dei biscotti fatti dalle monachelle di S.Rita ; mi regalano dei semi di rosa selvatica benedetti : una sfida al mio pollice verde presunto?!?
 
 
 
Mi guardo intorno : viste le circostanze e la stagione, credo di aver esaurito questa  mia visita a Morimondo
 
 
 
 
 
 
 
Al mercatino alimentare compro come souvenir chicche di polenta ripiene di taleggio e ravioli al gorgonzola . Riattraverso il paese tuttora deserto come due ore fa. Nel frattempo però trovo aperto il negozio dei gufetti. Ce ne sono di tutti i tipi e di tutte le misure : mi dicono che il più noto è il gufo Gino, che porta  un sacco di fortuna.
E' diventato il simbolo del paese perché pare che in un capitello dell'abbazia fin dal XII secolo sia stata scolpita  l'immagine di un gufo...
 
E' il momento di rientrare, con tutta questa nebbia c'è il rischio di perdersi nella campagna.
Non sono per niente dispiaciuta di essere arrivata fin qui, anche se mi aspettavo di vedere più cose, in particolare l'abbazia,e quasi certamente ritornerò nella bella stagione, quando Morimondo si vestirà di verde.
 
 
 

venerdì 21 luglio 2017

Oltre il cancello 2016: La Certosa di Pavia

Domenica pomeriggio. Il tempo così così...ma il sole non si nega del tutto, anche se pallido, riscalda un po' l'aria. Fuori ci sono i colori dell'autunno, poche code in autostrada, niente  turisti stranieri ad assediare i monumenti... e allora, abbasso la pigrizia e usciamo. La meta? La Certosa di Pavia, mai vista prima anche se non è poi così lontana.

Subito mi rendo conto della mia ignoranza abissale quando scopro che la certosa in questione non è a Pavia, ma è tutto un paese ad avere questo nome. Non ho mai avuto occasione di interessarmi particolarmente alle province di pianura della Lombardia e probabilmente mi sono persa tante cose interessanti.
Lasciata la tangenziale di Milano, percorriamo la strada statale, costeggiando un canale, uno dei navigli immagino, utili per l'irrigazione dei campi e un tempo, chissà forse anche ora, per il trasporto delle merci. Piano piano dalle nebbie dei ricordi scolastici riemerge qualche vecchia nozione di geografia...Tra l'altra sponda del canale e la campagna si interpone un sentiero lungo e dritto, ombreggiato da un'altrettanto lunga sequenza di alberi ad alto fusto con le foglie dorate dell'autunno.



Poco prima di arrivare a destinazione si intravvede da lontano il complesso della Certosa che comprende un monastero e un santuario.
La Certosa delle Grazie fu edificata a partire dal 1396 per volere di Gian Galeazzo Visconti , futuro Duca di Milano, che, si dice, aveva promesso alla seconda moglie , nonchè cugina, Caterina, di far costruire in una Villa del Pavese un monastero certosino, se lei fosse morta di parto.

E' probabile che più che dal sentimento cristiano, Gian Galeazzo fosse spinto dal desiderio di affermare la propria egemonia nell'Italia settentrionale e di guadagnarsi la fama di protettore delle arti e della religione.
In effetti la costruzione del complesso richiese più di cento anni, con lunghe pause dovute alle numerose guerre combattute su questo territorio.

Un lungo viale alberato conduce  al vestibolo d'accesso di epoca rinascimentale ricco di affreschi  attraverso il quale si passa nel grande quadrilatero interno.














il portale esterno



Il portale dal lato interno

Su entrambi i lati sono rappresentati due angeli che reggono lo stemma del commitente Gian Galeazzo, con il biscione visconteo e l'aquila reale.



Sulla destra del cortile, lungo 110 metri e largo 46, si trova il palazzo ducale fatto costruire nel 1625 da Frate Maria Richino, per ospitare i visitatori illustri.




Sul lato opposto un'ala del fabbricato con delicati effetti di trompe-l'oeil 




e una sequenza di spazi forse un tempo dedicati alle attività agricole , ma che ora hanno un'aria abbandonata.










Di fronte la splendida facciata della certosa












Una volta varcata la soglia della chiesa numerosi cartelli manifestano il divieto di scattare foto, per non offendere  la sacralità del luogo. Gli interni appaiono piuttosto bui e freddi, interrotti da cancellate che appesantiscono l'atmosfera. Fortunatamente guardando in alto si possono contemplare i brillanti colori delle volte a crociera gotica e della cupola.

Ecco le immagini dal web.








Nella parte destra del transetto si trova la tomba del fondatore della Certosa, Gian Galeazzo Visconti, primo Duca di Milano.




Nella parte sinistra invece si trovano le statue giacenti del Duca di Milano, Ludovico il Moro e di sua moglie Beatrice d'Este, commissionate dallo stesso Ludovico alla morte della moglie, avvenuta nel 1497. Le sculture erano destinate ad essere collocate nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano, ma a causa della caduta del Moro nel 1499, il monumento funebre rimase incompiuto. Le statue furono acquistate nel 1564 da Oldrato Lampugnani e portate alla Certosa, ma anche se successivamente posate su un sarcofago rosso, non furono mai utilizzate perchè il Moro morì in Francia e lì fu sepolto, mentre Beatrice è sepolta nella chiesa dei Padri Domenicani a S.Maria delle Grazie a Milano.


 

Fuori dalla Certosa c'è ancora un po' di sole, ma l'aria si è fatta più frizzante. Ancora qualche foto e poi a casa.









Tutto sommato un pomeriggio speso bene, con il rammarico però di non essermi adeguatamente "preparata" per apprezzare fino in fondo la bellezza e il valore di questa pregevole opera d'arte. 







mercoledì 19 luglio 2017

Dentro il cancello 2016 :il giardino di settembre

Le giornate si stanno accorciando e l'aria si fa frizzante specialmente verso sera. Di giorno, se il tempo è bello, il cielo è blu cobalto e i tramonti dipingono di rosso fuoco l'orizzonte. E il giardino?

Il giardino, esauriti gli eccessi dell'estate, si rilassa . Le fioriture terminano serenamente il loro ciclo, gli alberi incominciano a tingersi d'oro e d'arancio e nell'aria si percepiscono nuovi profumi.

Il giardino di settembre è il mio preferito, forse perchè è quello che mi porta il ricordo di un giardino lontano, il giardino della mia infanzia, copiato e riprodotto, per così dire, grazie alla presenza dell'osmanthus e dell'anemone giapponese, l'uno con la sua discreta  fragranza, l'altro per la sua allegra esuberanza.
















Ragioni del cuore a parte, è bene sapere che:

Osmanthus fragrans , già il nome racchiude il pregio di questo fiorellino: un profumo intenso, una fragranza che sembra provenire dal nulla, incredibile e inaspettata, proprio perchè sprigionata da un fiore piccolo.
L'Osmanto, contrariamente ad altri fiori dal bouquet troppo delicato o troppo intenso, presenta un profumo che rinfresca l'aria ma sufficientemente intenso da diffondersi per miglia di distanza. "E' difficile credere che questo fiore sia opera della natura e non della Luna o del Paradiso" afferma il poeta cinese Yang Wanli. Nei racconti popolari, in realtà, questi fiorellini delicatissimi sono legati proprio alla Luna.
Secondo una di queste leggende, l'Osmanto cresceva nel paradiso lunare. Un giorno una divinità che viveva lì si rese conto dei tanti tormenti che gli uomini dovevano affrontare ogni giorno e, per lenire i loro dolori, decise di lanciare i semi di Osmanto sul mondo. Fu così che il distillato di questi fiori aiutò le persone ad alleviare le loro sofferenze. Ancora oggi, l'Osmanto è legato indissolubilmente alla Luna: è proprio in occasione della Festa della Luna, ogni autunno in Cina, che questo fiore viene regalato alle giovani spose come augurio di fertilità e felicità familiare.











e dell'anemone giapponese :

L'Anemone Hupehensis o giapponese è una pianta erbacea perenne vivace, originaria dell'Asia. Presenta foglie abbastanza grandi, di colore verde chiaro, spesse e lucide, che formano bassi cespugli densi. Alla fine dell'estate dai cespugli di foglie si elevano fusti eretti, abbastanza sottili,che portano numerosi fiori con centro giallo o bianco, con 5-6 petali di colore bianco  o rosa in tutte le sue sfumature. In autunno inoltrato la pianta perde la sua parte aerea, che rispunterà la primavera successiva.
Questa pianta dalla coltivazione molto facile, tende ad allargarsi molto, fiorendo con abbondanza a partire dal secondo anno dopo la messa a dimora. Gli anemoni giapponesi non sono molto longevi, ma tendono a fare nuovi germogli. Per uno sviluppo vigoroso è bene tagliare alla base la pianta dopo che i fiori sono appassiti.