domenica 8 marzo 2020

In solaio




Disporre di un ampio solaio è una grande opportunità per ogni casa, anche se, come in ogni circostanza, c'è sempre il rovescio della medaglia...
Infatti, quando c'è a disposizione un ampio solaio, non si butta più niente e tutto ciò che perde interesse o utilità dove finisce ? In solaio ovviamente...esperienza insegna.


Nel corso degli anni, e son più di quaranta, nel solaio di casa si son montati scaffali, riempiti bauli, valigie, cartoni, e si son studiate tutte le strategie possibili per renderli facilmente raggiungibili, con risultati spesso discutibili.






L'estate scorsa, in un periodo in cui sapevo di non avere particolari impegni, mi son messa a disegnare con pazienza su carta millimetrata una sorta di mappa del solaio per identificare la collocazione dei diversi contenitori e, fin lì, a parte qualche zuccata imprevista quando dimenticavo che, come in ogni soffitta, il tetto è spesso inclinato, il progetto sembrava funzionare.



zona "Natale"





Zona "Riviste"





Zona bauli e valigie

 Quando però mi sono avventurata nell'annotazione del contenuto, l'inutilità del mio pur volenteroso progetto si è manifestata in tutto il suo spessore.


Nel primo baule ispezionato ho trovato il mio abito da sposa con  sacchi a pelo versione estiva , alcuni peluches che un tempo stavano sul letto dei bambini e tutti i fascicoli, mai rilegati, di 10 volumi dell' "Enciclopedia del mare"...
Molto probabilmente anche negli altri contenitori avrei trovato gli oggetti più disparati.

Preso atto dell'impossibilità di individuare e ridistribuire ogni cosa  con un minimo di coerenza, ho gettato la spugna , rendendomi conto che in quel solaio, a brani e bocconi, c'è tutta la storia della mia vita, di quello che la vita mi ha regalato, ma anche di quello che la vita mi ha tolto.











Per questo il solaio non è per me solo un deposito di cose inutili; al contrario è una riserva di ricordi ed emozioni  che mi riporta indietro in un tempo in cui, oltre alle cose, ci sono persone, amici, aneddoti, sentimenti e magari  curiosità da riscoprire.

Un esempio? alcuni giorni fa ho ritrovato, mentre cercavo altro, alcuni pupazzetti di cui mi ero invaghita nei primi anni '60.





Li ho ritrovati pressoché intatti grazie al corpo di legno, agli abiti di tessuto e ai capelli di paglia; il viso di celluloide purtroppo ha risentito delle alte temperature estive e si è un po' deformato.
L'etichetta sulla vestina della bambolina porta la scritta Lenci, un marchio che allora  era molto conosciuto.

Il "pannolenci" era un tessuto morbido e compatto con cui si potevano realizzare non solo bambole, ma anche pupazzetti di vario genere, animaletti, cappelli, borse, ma anche abiti veri e propri; ricordo di aver avuto una gonna di panno verde con intarsi bianchi davvero insolita.





Il marchio Lenci era nato molto prima, nel 1919,quando, come mi raccontava mia madre, le bambine giocavano con bambole fatte di legno e di stracci; quelle più fortunate  avevano bambole con il viso di porcellana o di ceramica, fragile e inespressivo.

Il marchio  era stato registrato a Torino da Enrico Scavini  come acronimo del più altisonante "Ludus Est Nobis Constanter Industria", ma pare che facesse riferimento al nome della moglie di Scavini, Elena Von Koenig, in particolare al diminutivo con cui la stessa veniva chiamata dal padre quand'era bambina, Elenchen, che lei pronunciava Lenci.







L'azienda si affidò all'opera di artisti per realizzare i modelli delle prime bambole dalle teste in feltro elettroformato in appositi stampi. Le bambole avevano espressioni realistiche e indossavano abiti alla moda.
Il grande successo di questi straordinari prodotti valse molti premi alla ditta Lenci , ma allo stesso tempo stimolò la concorrenza a produrre bambole simili ,ma di qualità e prezzi inferiori.
In cerca di nuove idee la Lenci iniziò a produrre fiori in feltro e ceramiche di alta qualità e continuò comunque ad operare in Italia e all'estero.
Ma il tempo cambia i gusti e le necessità delle persone , che vogliono soprattutto praticità.









Ciononostante  le bambole Lenci famose nel mondo come opere d'arte sono ancora oggi oggetto di collezionismo ed esposte in musei italiani ed esteri.

 

martedì 12 novembre 2019

Oggi

Oggi compio 75 anni e quasi non ci credo...Il passato sembra tutto così lontano, così vicino: i ricordi si affollano come in una matassa ingarbugliata, a volte sbiadiscono, a volte si intrecciano, a volte mi scaldano il cuore oppure mi aggrediscono e fanno male, molto male...
Mi guardo indietro e penso a quello che è stato, a quello che avrebbe potuto essere, se...

Da bambina, quando andavo con mio padre alla festa del paese, non osavo chiedergli di salire sulla giostra, aspettavo che fosse lui a propormelo e anche allora rispondevo con un timido "se vuoi...".
Pretendere non è mai stato nelle mie corde, nemmeno nell'immaginare quella che sarebbe stata la mia vita. "Se chiedi poco, lo avrai più facilmente" pensavo. Non è stato così purtroppo.
 


C'era una volta...
 
 
 
1944



1945
 

 

1946


1947


1952


1954



1960
 
 
 
 
1961
 
 
 
1964
 
 
 
1966
 
 
1967
 
 
 
1968

 
1971
 
 
1975
 
 
 
C'erano tutte le premesse di quella vita che mi sarebbe tanto piaciuta , con alti e bassi, senza "troppo" o "troppo poco", e così è stato fino a quando nel giro di pochi minuti tutto è crollato come un castello di carte.
 
 
Le cose sono andate come sono andate, senza colpevoli o responsabili; forse era già tutto scritto nel libro del destino ed è comunque troppo tardi per porvi rimedio.
Per questo il mio proposito , oggi, è quello di tenermi strette, per il tempo che mi resta,  tutte le cose belle e care che la vita mi ha dato,  le persone che ho avuto vicine, che ho amato e che mi hanno amato,  quelle che ancora oggi, i miei figli soprattutto, si prendono cura di me.
 

venerdì 26 luglio 2019

Pasqua 2019

Le bellezze di casa nostra non deludono mai: che si tratti di una prima volta o di un semplice ritorno, hanno sempre qualcosa di bello da offrire, soprattutto nelle splendide giornate di primavera.
Ecco dunque che in occasione delle festività pasquali ci siamo concessi qualche giorno di svago tra Romagna e Marche.

La prima tappa del nostro viaggio è un meraviglioso borgo dell'entroterra di Rimini, in Alta Valmarecchia, S.Leo.
La fortezza che lo sovrasta si scorge già dal fondovalle ma riesce comunque a stupire quando la si intravvede tra gli alberi agli ultimi tornanti della strada che porta in questo luogo strategico in tante vicende storiche e militari, soprattutto nel Medioevo e nel Rinascimento.




 
 
 
 
 
 
Il borgo fu fondato da S.Leo, un eremita fuggito dalla Dalmazia per salvarsi dalle persecuzioni di Diocleziano, che qui iniziò a predicare il Vangelo, portando di fatto il Cristianesimo in queste terre.
 
 
 
 
 
 
 
Al borgo si accede attraverso un'unica porta, la Porta  di Sopra,che conduce alla piazza e agli edifici principali, i palazzi nobiliari, la pieve di Santa Maria Assunta,  il duomo di S.Leone, la Torre Campanaria.








Una targa nella piazza del borgo ricorda che qui venne S.Francesco d'Assisi nel 1213.




mentre sui muri del bel palazzo rinascimentale spiccano lo stemma mediceo e quello pontificio di papa Giulio II.



La pieve di Santa Maria Assunta è un piccolo gioiello medievale, costruita in arenaria, calcare e pietre di altra natura sopra la celletta di S. Leo eremita. E' il più antico edificio religioso di tutto il Montefeltro.











Sul lato opposto, più defilato dal centro del borgo , sorge il Duomo dedicato a S.Leone, con accanto la Torre campanaria in stile romanico a pianta quadrata.

















Purtroppo s'è fatto tardi e non c'è più tempo per visitare la fortezza che sovrasta il borgo e  che dopo essere stata a lungo contesa tra i Montefeltro e i Malatesta, tra i Medici e i Della Rovere, fu trasformata dallo Stato Pontificio  in carcere di massima sicurezza nel 1631. Qui fu imprigionato fino alla morte Cagliostro, personaggio  protagonista di molte storie e leggende.

Nella luce che precede di poco il tramonto, ci soffermiamo ad ammirare  il magnifico panorama sulla Valle della Marecchia.
























Nello scendere al piano si intravvedono sulle cime delle colline le torri di S.Marino e di qualche altro borgo di cui non conosciamo il nome.

A Santarcangelo di Romagna troviamo senza difficoltà l'hotel prenotato per la notte, un posticino davvero confortevole e accogliente.











Al mattino seguente ci svegliamo di nuovo con il sole; il meteo ci è favorevole, il cielo si mantiene sereno e la temperatura è proprio quel che ci vuole per passeggiare tra le vie di questa cittadina, moderna e al tempo stesso ricca di storia .























Viaggiando verso sud incontriamo il colle di Gradara, terra di confine tra Romagna e Marche e forse, proprio per questo, sormontato da un'imponente rocca circondata da un piccolo borgo medievale e protetta da una doppia cinta muraria. Non a caso il suo nome deriva da "grata aura" ossia "aria buona".
In epoca medievale e rinascimentale il castello ospitò le principali famiglie dell'epoca : i Malatesta, gli Sforza, i Borgia e Della Rovere e fu testimone di grandi eventi storici e leggendari.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Secondo la leggenda, la rocca ha fatto da sfondo al tragico amore tra Paolo e Francesca, cantato da Dante nella Divina Commedia.
Intorno al 1275 Guido da Polenta, signore di Ravenna, diede in sposa la figlia Francesca al suo fedele alleato, Giovanni Malatesta  signore di Rimini, chiamato Gianciotto perché sciancato, valoroso uomo d'arme ma sgraziato nella persona. Al momento di presentarsi a Francesca, mandò al suo posto il fratello Paolo, cavaliere nobile, bello e cortese, nonché sposato e padre di famiglia. I due s'innamorarono, ma Gianciotto, messo in allarme da un fedele servitore, li colse in flagrante tradimento e li uccise.

Dopo essere stata a lungo avamposto militare e poi residenza raffinata, nel 1641 il castello passò sotto il controllo dello Stato della Chiesa , iniziando così un lungo declino.
 
Nel 1920 la proprietà fu acquistata da Umberto Zanvettori, un ingegnere bellunese che aveva fatto fortuna nell'America del Sud, che si fece carico del restauro e che nel 1928 la vendette allo Stato mantenendone l'usufrutto fino al 1983.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dagli spalti del castello si gode  una magnifica vista, da un lato sulle colline circostanti e dall'altro fino a raggiungere il mare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lasciato il castello proseguiamo alla volta di Urbino, tra dolci e verdi colline dall'effetto incredibilmente rilassante.
 
 
 
 
Urbino è proprio arroccata sulla cima di una collina.
 
 
 
 
 
Fu uno dei centri più importanti del Rinascimento italiano di cui conserva l'eredità architettonica, tanto che dal 1998 il suo centro storico è considerato patrimonio dell'umanità.

Visitare Urbino è un po' faticoso per i menogiovani come noi... perché le sue  strade d'accesso sono in salita, molto in salita. Tuttavia, con i dovuti accorgimenti ce l'abbiamo fatta.










 
 
 
 










E visto che Urbino è provincia delle Marche con Pesaro, per non far torto a nessuno, per la cena raggiungiamo la costa per un incontro ravvicinato con il mare e con un abbondante piatto di fritto misto.




Domenica mattina lasciamo Urbino e dopo aver percorso la Gola del Furlo, riprendiamo la strada di casa con la certezza di portare con noi il consueto bagaglio di gradevoli ricordi.