domenica 28 febbraio 2016

Un piccolo sogno a crocette

Quante volte mi sono detta come sarebbe bello avere una stanzetta tutta mia da usare quando mi prendono gli attacchi di puntocrocettite, un posto dove tenere "allo scoperto" aghi, fili, schemi, tessuti o semplici idee scarabocchiate su un foglio a quadretti, un posto dove poter lasciare un lavoro interrotto, quando improvvisamente mi accorgo che è  ora di preparare il pranzo, oppure il telefono squilla o suonano alla porta, un posto dove poter tornare e trovare tutto come l'ho lasciato per poter riprendere a crocettare ancho solo per cinque minuti....



Parlare di sogno mi sembra francamente esagerato, grande desiderio mi sembra più appropriato. Sta di fatto che anche quando avrei avuto l'opportunità di soddisfarlo mi sono fatta da parte e ho lasciato che altri in famiglia,  precedendomi, occupassero lo spazio disponibile per soddisfare i loro desideri.E allora chiamiamolo piccolo sogno destinato a rimanere tale, però...

Dovete sapere che qualche anno fa il puntocroce, dopo aver vissuto per più di un secolo pressochè confinato nei cestini da lavoro delle signore, raggiunse una grande popolarità probabilmente grazie a internet e le moderne brodeuses, messi da parte i sampler con i consueti motivi religiosi e le cifre sulle lenzuola del corredo, si scatenarono alla ricerca di nuove sfide. Diventarono di moda i cassetti da tipografo o da minuteria metallica, dei cassetti cioè divisi in tanti piccoli scomparti di misura diversa adeguati agli oggetti da contenere e fu grazie alla fantasia e all'abilità di tante crocettiste se questi rozzi oggetti macchiati d'inchiostro o di grasso si trasformarono in altrettanti piccoli capolavori.

















Anch'io mi ero cimentata con qualcosa di simile, affidandomi però agli spazi più ampi di una casetta di legno. 



In solaio avevo da tempo proprio uno di questi cassetti che Dindi aveva comperato per me in un mercatino, ma non sapevo  come gestirlo con tutti quegli spazi angusti...
Con il passare degli anni il povero cassetto, consapevole della sua inutilità, diventava sempre più depresso e anch'io intristivo dietro al mio piccolo sogno. Ma ecco l'dea: con un minimo impegno avrei potuto ridare dignità al cassetto e regalare a me stessa un surrogato del piccolo sogno.





Per il cassetto ho ricamato tutte le lettere dell'alfabeto, felici di aver ritrovato la vecchia casa , per me ho ricamato gli attrezzi del mestiere, la macchina da cucire, il cestino da lavoro, le tessere per il patchwork, le scatole portatutto e negli spazi piu angusti ho infilato i raccoglitori degli schemi, gli scampoli di tessuto country, le tele tinta unita e altro ancora.








Dicono che la felicità stia nelle piccole cose : con questo lavoretto ne ho sentito quantomeno il profumo.

sabato 13 febbraio 2016

Alba

Si chiamava Alba e non avrebbe potuto essere altrimenti. La sua pelle era chiara, sottile e trasparente, i capelli corti e biondi  cadevano diritti e spenti a sfiorare le spalle lasciando intravvedere le orecchie. Aveva qualche anno più di me, ma non l'avevo mai vista indossare una gonna, un vestito o le scarpe ; portava sempre una camicia da notte lunga fino ai piedi, con uno scialletto di lana fatto all'uncinetto sulle spalle, perchè Alba era malata, malata cronica e il suo aspetto era proprio come quello di un'alba a cui non avrebbe mai fatto seguito l'aurora.Non ricordo quale fosse il suo problema, se i reni o il cuore, era un male comunque che la consumava piano piano e alla fine se la sarebbe portata via.

Viveva in una di quelle case bifamiliari fatte costruire per i propri dipendenti da un imprenditore svizzero lungimirante che con la sua fabbrica tessile dava lavoro a tutto il paese. La casa si affacciava su una strada a fondo chiuso che io e altre ragazzine mie coetanee che abitavano nella zona usavamo in estate come terreno di gioco. Tutte tranne Alba ovviamente, che ci guardava dalla finestra.

In quella strada non c'erano pericoli e i genitori ci sapevano al sicuro, così vicini da sentire le nostre voci. I maschi stavano alla larga, non erano graditi.

Bastava davvero poco per divertirsi ; bastava tracciare con un bastoncino o un sasso delle linee sul fondo della  strada e si poteva giocare a mondo con tante caselle quanti erano i giorni della settimana; si lanciava un coccio piatto in una delle caselle e si andava a ricuperarlo saltellando su un piede solo, senza pestare le righe...oppure si formavano le squadre per una partita a palla avvelenata o palla prigioniera ; se c'erano pareri contrastanti ci si affidava a un pari o dispari, bim bum bam e il problema era risolto. Il salto con la doppia corda era emozionante, bastava buttarsi nel momento giusto...e poi era solo una questione di fiato...
A me non piaceva il gioco della bandiera, c'era troppa tensione nel momento in cui bisognava  rubare il fazzoletto all'avversaria, meglio giocare a unduetre stella... o a regina,reginella quanti passi devo fare??
Come  in tutti i giochi del mondo c'erano i vincenti e i perdenti : chi perdeva pagava pegno : dire fare baciare lettera testamento erano le incognite che si nascondevano dietro le cinque dita della mano del giudice.
Le scarpe si coprivano di polvere, le guance si arrossavano e i nastri nei capelli si scioglievano ed eravamo lì a goderci, inconsapevoli, tutta l'energia e la voglia di vivere la nostra fanciullezza.

A volte la mamma di Alba ci chiedeva se potevamo fare un po' di compagnia alla sua bambina. Metteva qualche sgabello intorno a un tavolino nel  giardinetto davanti a casa, sotto un enorme tiglio ombroso, e faceva sedere Alba su una sedia a sdraio con una coperta sulle ginocchia, anche se era estate. A lei piaceva giocare a mercante in fiera: aveva una scatola piena di bottoni di tante misure , che avevano un valore diverso e nel gioco sostituivano i soldi. Alba sorrideva contenta e anche noi, superato il primo imbarazzo, ci facevamo prendere dal gioco. Sua madre non le staccava gli occhi di dosso e in quello sguardo c'erano ansia, preoccupazione, gioia, trepidazione, tutto ciò  che solo ora che so cosa si prova per un figlio malato, posso comprendere.

Appena il sole spariva dietro la casa, Alba doveva rientrare e noi tornavamo ai nostri giochi di strada, ma non c'era più tanta voglia di correre o saltare, e non era stanchezza ciò che ci suggeriva di tornare presto a casa.